Celebrazione Eucaristica

presieduta da

S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello

Solennità di Maria Madre di Dio

Pignataro Maggiore, 1 gennaio 2012

Monastero S. Croce

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Iniziamo questo nuovo anno 2012 nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

 

Saluto iniziale

 

Nel nome del Signore, sotto il Suo sguardo e la Sua benedizione vogliamo iniziare questo anno, questo lasso di tempo che abbiamo dinanzi e che affidiamo alla misericordia del Signore prima ancora di entrarvi. Ci poniamo sulla soglia e, sentendoci indegni del dono della vita, del dono della fede e di tutti gli altri doni che questi orizzonti contengono, chiediamo umilmente perdono.

 

LETTURE

Numeri 6, 22-27

Galati 4, 4-7

Luca 2, 16-21

Omelia

 

Le follie di questa notte, carissimi fratelli e sorelle, carissime sorelle Clarisse e figlie - follie non vostre ma delle persone che si sono date alla pazza gioia questa notte -, hanno un’unica semplice spiegazione: la paura dell’ignoto. Fin dall’antichità, nei momenti di terrore, si vegliava, si accendevano fuochi, si facevano rumori per tenere lontano dal gregge le bestie feroci e queste cose - come vedete l’uomo è ancora quello “della pietra”, come dice il poeta - raggiungono anche la nostra era super tecnologica e ci fanno compiere gli stessi gesti: rumori, veglie, fuochi per tenere lontani i malefici. Abbiamo paura dell’ignoto e questo anno 2012 ci appare in questo momento, in questa prima mattina dell’anno, come un visitatore ignoto: cosa porterà? cosa avrà nella sua borsa? doni o armi? giorni di pace o giorni di guerra? Noi ci raccogliamo in preghiera come credenti, perché riteniamo che questo anno venga da Dio e dunque non sia uno straniero armato, ma un bambino.

La solennità con cui la Chiesa ci fa porre il primo passo dell’anno civile è “Maria, Madre di Dio” (con alcuni di voi siamo stati nei ruderi della Basilica dove fu proclamato questo dogma, questo titolo), e la madre ha un bambino, un bambino innocente: un bambino non fa male, bisogna prenderlo in braccio. È quello che vogliamo fare in questa Eucarestia con l’anno 2012, anno del Signore, quindi appartiene a Lui e a Lui va riofferto, a scatola chiusa, qualsiasi cosa ci prepari, qualsiasi siano le parole che quest’anno ci dirà, ci darà, vi farà ascoltare o ci farà dire: è un bambino e un bambino non può essere un avversario, un bambino va preso, va accolto; a un bambino bisogna dare calore e baci, a un bambino va posto un nome perché non sia uno straniero, uno sconosciuto, un avversario. Conoscere il nome significa debellare ogni possibilità avversa.

Oggi è anche il giorno della circoncisione di Gesù, un gesto molto caro ancora oggi alla tradizione ebraica, che significa porre un segno di sangue sulle porte della vita, perché nulla sia senza Dio e quello che è con Dio è senz’altro bene, anche quando si dovesse presentare a noi, nel corso di questo anno, con le fattezze del male - meglio - del dolore. Allora dare un nome all’anno e dirgli: Ti chiamo Gesù; o ti chiamo così come viene suggerito nella preghiera, con un nome nuovo. Ciascuno di noi si adoperi per dare un nome a questo “anno-bambino”. Magari ci sbaglieremo, magari nel corso dell’anno ci sarà detto che il nome era un altro, ma l’importante è riconoscerlo, come per i bambini dell’antichità che venivano deposti ai piedi del padre. Il padre aveva due possibilità: guardarlo e poi innalzarlo. Probabilmente da questo verbo viene anche la parola “levatrice”, levarlo. “Levare” significa “sollevare” da cui viene anche “sollievo”; il bambino sollevato è il bambino riconosciuto, non è il figlio di NN, ma è un bambino che entra in una famiglia con un cognome, con un riconoscimento, con una custodia. Il verbo “custodire” lo troviamo nella Prima Lettura, tratta dal Libro dei Numeri, e nel Vangelo: nella Prima Lettura come un atto che riceviamo (Dio ti benedica e ti custodisca) e nel Vangelo invece come un atto attivo (Maria custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore). Allora questo anno vogliamo viverlo innanzi tutto come un anno custodito da Dio e quindi dove è Dio che ci custodisce. Ti benedica, il Signore, e ci custodisca, cioè Dio ci riconosce come figli - lo abbiamo ascoltato nella Seconda Lettura - e anche qui abbiamo un riconoscimento: noi che eravamo schiavi, noi che eravamo condannati alla morte riceviamo l’adozione a figli, cioè veniamo riconosciuti. Non sei più schiavo - dice Paolo nella Lettera ai Galati - ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio, cioè gratuitamente. Allora sentiamo che Dio ci custodisce. La custodia è un abbraccio che ci avvolge, che ci difende: il Signore è il tuo custode, il Signore è come ombra che ti copre, il Signore ti custodisce quando esci e quando entri - leggiamo nel salterio, in varie composizioni - e adesso è il Signore che viene a dirti: Coraggio, non avere paura, io ti custodisco; custodisco i tuoi giorni, custodisco i tuoi anni, custodisco la tua anzianità, custodisco la tua giovinezza, la tua maturità, custodisco il tuo dolore, custodisco i tuoi progetti: ti custodisco.

La benedizione di Dio è una custodia. Lasciamoci custodire, lascia che questo Dio ti abbracci, ti contenga, lasciati contenere da Dio, grande contenente d’ogni valido contenuto. Allora, questo abbraccio per giorni che non conosciamo, quest’anno un giorno in più: secondo gli antichi, gli anni bisestili sono anche sfortunati, ma non è il caso nostro se lasci che Dio ti abbracci, abbracci questi giorni. Si sono assommate delle ore e queste ore, adesso, nel salvadanaio di questa convenzione (il tempo è null’altro che una convenzione) danno origine a un nuovo giorno, a un giorno in più e un giorno in più è una possibilità in più. Starete pensando: è un dolore in più, ma anche un fiore in più, un frutto in più, un atto d’amore in più. Ma questa azione, inizialmente passiva, quindi semplicemente da ricevere (Dio ti custodisce, abbraccia i tuoi anni, abbraccia la tua vita, abbraccia i tuoi ricordi, abbraccia le tue paure e ti dice di non avere paura, di non temere), nel Vangelo diventa un verbo attivo. Maria - dice Luca - custodiva tutte queste cose. Anche qui si tratta di mettere insieme ciò che apparentemente non è incollabile, non fa collage, perché sono cose contrapposte: il verbo stesso – meditare – in greco non è un fatto intellettivo, ma è un’azione di collage. La meditazione è mettere insieme un testo con l’altro, un evento con l’altro, un dolore con l’altro, un dolore con una gioia, una gioia con una paura. Quindi Maria che medita è Maria che mette insieme ciò che non comprende, ciò che sembra assurdo, un quadro per contrasti, e custodisce quello che non comprende. Anch’io non so di cosa è foriero il 2012 per me, per la nostra Chiesa, per la comunità che ci ospita, per ciascuno di voi, per le vostre famiglie, ma non abbiamo paura. Se Dio ci custodisce anche noi possiamo custodire, anche i fallimenti, anche i dolori: nulla gettare, nulla lasciare ai bordi della vita, ma riportare tutto al centro, nel suo cuore, dice l’evangelista. Non le medita in mente, non le medita su un libro, ma nel suo cuore, e quindi tutto viene riportato in questo mulino del cuore per essere macinato, per diventare farina e poi impasto e poi pane nel fuoco, e quindi pane croccante.

Buon anno. Buon anno sentendoci abbracciati, ma anche noi, abbracciando questi giorni che ancora devono partire dal porto, questa flotta che vedremo giorno per giorno in partenza - 1 gennaio, 2 gennaio, 3 gennaio, 15 gennaio, 31 gennaio, 29 febbraio che avrà una bandiera particolare perché è un giorno non consueto, e poi marzo, aprile, Pasqua, maggio, giugno, luglio, agosto… - man mano che andremo avanti nel calendario e cadranno i fogli dal calendario queste navi partiranno, battono bandiera di Dio, sono benedetti, sono benedetti adesso, tutti insieme, una benedizione cumulativa per tutti i giorni di questo anno. “Buon anno” è anche: custodisci la tua vita, custodisci la tua famiglia, custodisci gli eventi che non comprendi, custodisci anche i dolori.

Ovviamente il mio pensiero, in particolare, va ad Angela e Peppe, a Elisabetta. Sono qui, così frastornati, e non dai fuochi, non dai cenoni, ma da tanta amarezza. L’invito del Vescovo è a custodire Elisabetta, a custodire i suoi giorni, a custodire il suo dolore, a custodire il nostro dolore: abbraccialo, non te lo lasciar sfuggire, metti insieme ciò che sembra assurdo e che invece dal versante di Dio avrà senso, ne siamo certi. Quello che dico per Elisabetta lo dico per ciascuno di noi: avrà senso quello che vivremo, anche se diremo che è assurdo e che non è giusto quello che il Signore ci sta dando da vivere. Bonhoeffer, in un momento terribile, proprio in un giorno di Natale degli anni della sua prigionia, scrive una preghiera che alcuni di voi conoscono, dicendo: Io non conosco le tue vie, ma tu sai la mia via. Questo a noi interessa, questo a noi importa: importa che Lui sappia la nostra via. Nessun Tom Tom potrà guidarci in questo anno, dobbiamo invece affidarci: è la speranza la nostra stella e la nostra vela spiegata per questo primo giorno, timido giorno, “giorno-bambino” di questo nuovo anno. Il vento dello Spirito soffia, gonfia e fa partire questa prima barca, questa prima vela al largo e noi in essa, su di essa e con essa diciamo: Signore, voglio fidarmi di Te; non c’è crisi economica, non c’è previsione catastrofica che possa tenere davanti a questa azione della Tua custodia su di noi e della nostra custodia con Maria dei nostri giorni, dei nostri eventi, di quello che non si sposa con i nostri criteri, ma fa matrimoni felicissimi secondo i Tuoi.

Buon anno. Buon anno per lasciarci custodire. Buon anno per custodire ciò che non capiamo ma che è grande agli occhi di Dio, nel Suo piano che certamente si sta realizzando nonostante noi.  

 

Saluto finale

 

Affrontiamo dunque con decisione e con amore questo anno. Portate nelle vostre case la benedizione di Dio attraverso quella del Vescovo.

Un augurio particolare a Suor Damiana, che comincia questo primo anno da Badessa di questo monastero. Il monastero della Santa Croce che ci ospita - penso che lo sappiate - ha espresso un ardimento che dovremmo seguire anche noi, aprendosi al nuovo senza paura, al nuovo che è la nuova Badessa, al nuovo che è una Badessa ruandese: al nuovo. Prendiamo esempio da chi sembra vivere una chiusura ma in realtà ha il cuore molto più aperto del nostro. Quindi affidiamoci alla intercessione di queste Sorelle che stanno qui, sul colle di San Pasquale, per far rotolare verso la valle tante preghiere e tante benedizioni.

 

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Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.