Celebrazione Eucaristica
presieduta da
S.
E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello
Mercoledì
delle ceneri
Teano, 22 febbraio
2012
Chiesa Cattedrale
~
Saluto
iniziale
Benvenuti,
carissimi fratelli e sorelle, carissimi presbiteri e diaconi nella “terra santa”
che è la Quaresima: terra e tempo santo. Terra, perché è una terra di
pellegrinaggio, di sforzo, di cammino, di tentazione, di prova, di rivelazione
di Dio, come il deserto per il popolo di Israele; e al tempo stesso è un tempo,
40’anni, 40 giorni per la promessa Pasqua: un tempo di grazia che vogliamo
inaugurare con gioia, nonostante la tonalità fortemente penitenziale che questo
tempo contiene e produce (speriamo).
Avete
tra le mani un rametto secco d’ulivo: questo rametto parla di noi, parla della Quaresima
e della Pasqua dello scorso anno. Non è un caso che sia un rametto d’ulivo,
perché anche noi abbiamo agitato rami d’ulivo la Domenica delle Palme,
accogliendo il Signore come Redentore, Salvatore, come Re, ma i nostri
entusiasmi sono di breve durata come i nostri propositi di santità: sfioriscono
e perdono linfa, come il rametto che abbiamo in mano, memoria dunque di una
grazia sciupata, quella dell’anno scorso, ma se siamo qui è perché il Signore
ha ancora misericordia di me e di voi, dandoci un’altra possibilità. Dunque, prima
i sacerdoti, e poi ciascuno di voi verrà a depositare nella vasca, che poi sarà
nella Veglia Pasquale la vasca battesimale, il ramo secco, segno di vita secca,
rinsecchita, di peccati, di fallimenti, di pastoie nelle quali naturalmente ci ritroviamo.
Abbiamo
iniziato con le parole del profeta: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di
voi uno spirito nuovo”. Perché la novità possa accadere, c’è bisogno che ci liberiamo
di quanto è vecchio. Lo facciamo con questo gesto.
LETTURE
Gioele
2, 12-18
Corinzi
5, 20-6,2
Matteo
6, 1-6.16-18
Omelia
Carissimi
fratelli e sorelle,
spero
che il vostro cuore sia trepidante di gioia e che abbiate atteso questo momento
come me, con ansia, sentendo che c’era possibilità di voltar pagina, di
resettare tanti fallimenti di cui anche la vita del vostro Vescovo è piena. In
questo siamo sullo stesso piano, il Vescovo non è diverso da voi, è un uomo. Così
anche i sacerdoti, i diaconi: siamo uomini (Don Primo Mazzolari
amava dire: Basta essere uomini per essere poveri uomini). E da dove nasce
dunque, in questa desolazione, la gioia della Quaresima? Dalla possibilità di
ricevere la grazia del perdono, perché questo è un tempo favorevole. Ecco ora il tempo favorevole, è questo il
giorno della salvezza - ci ha ricordato Paolo nella Seconda Lettura - quasi
a dire: approfittate di questa offerta speciale, non vi lasciate sfuggire
questa occasione di grazia.
In
che cosa consiste la Quaresima? Ormai la viviamo da anni, ma ogni volta c’è
bisogno che ne riprendiamo l’ABC. È un tempo - lo dicevo già all’inizio della
Messa - è uno spazio, è una terra, è un cammino caratterizzato, scandito, come
ci ha ricordato Gesù nel Vangelo, dalla preghiera, scandito dalla penitenza,
dal digiuno, scandito dalla carità. Sono queste le tre componenti essenziali.
Innanzi
tutto, è un tempo di preghiera, cioè torniamo a parlare al Signore, torniamo a
dialogare con l’Amore. Nella Prima Lettura del Profeta Gioele, Dio dice d’essere
geloso del Suo popolo. Dio è geloso della Sua Chiesa, di questa Chiesa e, in
essa, di ciascuno di noi. La gelosia nasce dal silenzio, dalle separazioni che
noi stessi creiamo, costruiamo tra noi e Lui, e dunque l’impossibilità a
parlarsi, come nelle nostre coppie, come nelle vostre famiglie. Torniamo a
parlarci – dice Gesù alla Sua Chiesa – torniamo a baciarci, torniamo come una
volta, come quando eravamo fidanzati, torniamo a dirci parole dolci. Dunque è
un tempo di preghiera, di preghiera più intensa, di rapporto con la Parola,
tornare con più impegno ai cinque grandi momenti che sono le cinque domeniche
della Quaresima senza mancare neppure ad un appuntamento, ma poi aggiungere
altre occasioni: la Via Crucis nelle parrocchie, momenti nei gruppi e nelle
associazioni di ritiro spirituale, dove tornare a balbettare la preghiera che è
un atto d’amore. La Quaresima è innanzi tutto intessuta di preghiera, di
confronto con la Parola, di ascolto, ma come ci dirà Gesù nel Vangelo di Domenica,
per acuire questa fame della Parola, viviamo il digiuno. La penitenza è la
seconda grande colonna che sostiene il tempio della Quaresima, e qui ciascuno
di noi dovrà industriarsi a trovare la sua via penitenziale personale. La
penitenza riguarda, come ho detto gli altri anni, gli aspetti del cibo e quindi
astenersi da qualcosa. Fare un fioretto che riguardi il vitto, il cibo (non
mangiar carne il venerdì, credo che vada fatto, ma è ancora riduttivo) e tutti
quei fioretti alimentari, importanti, perché destano lo spirito. Questo atteggiamento
affonda le radici nell’antropologia cristiana, che non è di due realtà separate
- il nostro corpo e poi la nostra anima, il nostro spirito - ma di due realtà
impastate insieme. Per cui la penitenza è una sorta di campanello, una sorta di
stimolo che riguarda il corpo ovviamente, ma riguardando il corpo, sveglia
l’anima: ma che cos’è? perché non mangerò dolci? perché diminuirò drasticamente
il fumo? Quelli fra voi che fumano, probabilmente devono fare un fioretto - mi
riferisco alle sigarette, beninteso, perché adesso bisogna sempre precisarlo:
quando si parla di fumare con i giovani si parla di tante altre cose, molto più
negative - tagliare del 50%, del 40% il numero di sigarette crea uno squilibrio,
come sapete, crea un nervosismo. Chi fuma molto e comincia a scalare, vive una
sorta di disagio. Questo disagio è lo stesso che le altre penitenze vogliono
creare nell’uomo, nella donna, nel giovane, nell’adulto, cioè dargli un tono. È
un tono fisico? Certo, ma poiché siamo impastati, diventerà anche un tono
dell’anima, anche un tono dello spirito. Quindi la penitenza riguarda l’aspetto
alimentare e riguarda, come ho detto gli anni scorsi - senza meravigliarci di
queste cose, perché fanno parte della vita - l’aspetto sessuale. Quindi, fare
digiuno, per i ragazzi adolescenti significherà certe cose, per i fidanzati
altre, per gli sposati altre ancora. Non possiamo non far riferimento a questa
dimensione della nostra vita e quindi - poi nel panorama ciascuno sceglierà il
suo - c’è bisogno che tu faccia attenzione qui, che tu faccia penitenza, fare
digiuno, dire no, avere il coraggio di vietarsi certe cose, non perché me le
vietino gli altri, ma sono io stesso che le ritengo nocive o temporaneamente
tali. Allora dico no (C’è chi dice no – diceva Vasco Rossi). La penitenza del
cibo, della sessualità e del sonno, cioè svegliarsi prima - tra l’altro, queste
mattine verso cui andiamo, sono mattine in cui i merli cantano - gustare la
gioia di alzarsi presto, che è un grave disagio, una prova gravissima per i giovani,
sarebbe un fioretto meraviglioso: ovviamente sono collegate le cose, perché ci
si alza prima, si poltrisce di meno, si ha più tempo per pregare e quindi
questi aspetti sono tra loro collegati.
La
terza colonna è la carità, perché digiunare, vietarsi certe cose, soprattutto
sul piano dell’alimentazione, è anche in vista della possibilità di aiutar
qualcuno. Quello che sottraggo al mio vitto, lo offro a chi ne ha più bisogno.
Magari ricorderete questa espressione dei Promessi Sposi (non certamente i
giovani, ma quelli con i capelli bianchi): Dio
perdona tante cose per un’opera di misericordia - dice Lucia all’Innominato,
che ne aveva fatte di cotte e di crude, che era ad uso - dice il Manzoni - a portare le armi. Questa parola, che
riecheggia una frase dell’apostolo, scava nel cuore dell’Innominato: Dio perdona tante cose per un’opera di
misericordia. Quindi la carità, e non solo quella economica, non solo
quella dell’aiuto alimentare nei confronti di chi è in una situazione di
disagio, ma ogni forma di carità che può essere una visita, che può essere un
sorriso, un aiuto anche morale che possiamo dare a delle persone, allena la nostra
vita, il nostro cuore, ci fa percepire che dobbiamo pagare qualche tangente.
Stavolta le tangenti sono positive, simboliche rispetto a ciò che ci viene
perdonato: noi diamo un euro e il Signore ci dà centomila euro. Conviene, ma è
un piccolo segno di buona volontà, un segno di conversione, quella conversione
che il profeta Gioele ha descritto così bene, soprattutto in questa immagine
che almeno a noi di qui colpisce sempre (immagino anche per gli altri
presbiteri): Piangano i sacerdoti tra il vestibolo
e l’altare, cioè tra la sacrestia e il presbiterio. Perché devono piangere?
Per sé innanzi tutto, sui nostri peccati, ma anche per i peccati del popolo, e
quindi queste lacrime per intercedere un perdono, per maturare una Pasqua, per
far allargare la luna… Vedrete che questo cammino
sarà seguito anche dall’estendersi… prima la luna
nuova, la luna come una falce e poi crescente, crescente, crescente fino al
plenilunio di marzo che 2000 anni fa fu la cornice della Pasqua del Signore.
Quindi, far crescere, far lievitare come lievita la luna, far lievitare un’attesa,
far lievitare una conversione: c’è un cuore che si deve gonfiare di pianto per
gustare la gioia del perdono, perché c’è anche tanta durezza dentro di noi. A
volte non sentiamo più neppure il pungolo del rimorso. Se sentite ancora il
rimorso, siete in ottima salute spirituale. Il rimorso, come il dolore, è un sintomo
di buona salute. È strano che il dolore sia un sintomo di buona salute, perché
uno che non sente più il dolore è a un passo dalla morte. Così il rimorso è un valore
di buona salute spirituale, quindi quando commetto il male, quando faccio uno
sgarbo, quando non vivo il mio dovere, sento una tristezza, sento rimordere. “Rimorso”
viene da una sorta di morso sul cuore di dolore: se lo sento, sto bene, ma
vedete in giro che il rimorso, come dolore, è sempre più labile, cioè le
persone vivono, commettono anche cose atroci e poi vanno a dormire. In “Scugnizzi”
l’autore si chiede: Ma questi come fanno a dormire, a mettere la testa sul
cuscino, la sera, quando poi decretano la morte di tante persone, quando
mietono vittime, quando strozzano fratelli con l’usura? È proprio questo il
sintomo gravissimo della nostra società: non avvertire più il senso del
peccato. E, non avvertendolo, non sentire neanche il bisogno di chiedere
perdono e quindi di usufruire di quel canale meraviglioso che Gesù ha messo a
disposizione della Sua Chiesa che è il Sacramento della Riconciliazione, perché
poi tutto questo cammino, ovviamente, dovrà approdare all’inizio, a metà, verso
la fine, a una confessione dove riusciamo a dir tutto con semplicità, sentendo
che il Signore ci attende. Ci attendeva da tempo a quello svincolo, a quello snodo,
in quel momento per dire: Voglio rimetterti in pace. Tutto questo, cari
fratelli e sorelle, nel buio. Per questo, tutta questa celebrazione fino alla fine,
sarà vissuta nella penombra, perché Gesù dice: “E il Padre tuo che vede nel segreto…”. Quindi l’elemosina, la preghiera, la penitenza,
avvolte dal mistero, senza battere i tamburi, senza suonare le trombe, senza
dire: Io sto facendo questa cosa!, ma tutto nel segreto, nel mistero. Tra
l’altro è anche bello, stasera, poterci dire queste cose, senza poi vederci
(voi mi vedete, ma io no), senza sapere se creano rossore, se creano disagio. Mi
manca adesso quel feedback che sono i vostri sguardi, importante per chi parli,
perché adesso siamo un po’ tutti avvolti da questa penombra che non è di morte,
ma di vita: è la penombra della terra dove c’è il seme di grano che marcisce e
comincia a forare il suolo, diventa una piantina, poi uno stelo, poi spiga e
poi diventa pane.
Vi
auguro buon cammino, lo auguro a tutti, in particolare ai sacerdoti della
nostra Diocesi. Chiedo per loro e per me il dono delle lacrime, come il profeta
Gioele ci diceva. Vi auguro di passare da questa penombra alla luce piena della
Pasqua. La Veglia Pasquale comincerà così, nella penombra, nel buio, e quindi
questa penombra richiama quella penombra, perché sono le due grandi
celebrazioni inclusive della Quaresima: le Ceneri e la Veglia Pasquale. Quello
sarà l’approdo. Allora si accenderanno le luci, potremo cantare alleluia,
potremo guardarci negli occhi rinnovati.
Buon
cammino! Buona conversione! Coraggio, il Signore brucia i nostri peccati.
***
Il
testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto
dall’autore.