Preghiera-Giovani
guidata
da
S. E. Rev. ma Mons.
Arturo Aiello
in preparazione all’Ordinazione
Presbiterale di Don Francesco
“Un uomo solo sacramento di comunione”
Teano,
16 febbraio 2012
Chiesa
Cattedrale
~
Canto iniziale: Vocazione
Nel nome del Padre…
La nostra
presenza è di per sé “riscaldante” e, se qualcuno avesse problemi, può mettersi
anche il cappello: l’importante è esserci e seguire con attenzione. Se volete
calarvi un cappuccio, fate come credete, l’importante è stare qui, dove tra
ventiquattr’ore c’è in previsione un miracolo, non come le previsioni del tempo
che non sempre dicono giusto, ma una previsione certa: Francesco, tra
ventiquattr’ore sarà prete e a quest’ora lo sarà già (alle 20:00 saremo già nel
pieno, nel cuore della celebrazione). La Chiesa si ferma, ma dovrebbe fermarsi
la Chiesa intera della nostra Diocesi, le auto, i negozi… Ovviamente dico
quello che forse accadrà domani quando si starà più attenti a questi miracoli e
si chiuderanno le cucine, le persone chiuderanno le case per venire in
cattedrale, magari a piedi, facendo 10, 20, 30 chilometri, perché è un miracolo
troppo importante. Non posso non esserci: nasce un prete. E un prete è un
miracolo, è come la certezza del pane per i prossimi 50’anni. Allora siamo qui
per preparare il nostro cuore come giovani e non, per dirci che la nostra vita,
come abbiamo cantato, va verso un incontro (…dove porta la mia vita all’incontro con Te). Magari per un giovane
questo è ancora solo una frase, cioè che la vita abbia come motivo l’incontro
con Dio, ma è questo il motivo per cui siamo qui. Non siamo qui per sposarci,
non siamo qui per lavorare, non siamo qui per pagare i debiti del deficit
pubblico, non siamo qui per costruire le case, tant’è che siamo di passaggio.
Tante cose dovremmo lasciarle e anche tante persone. Ma c’è una cosa
fondamentale per cui siamo qui e tutto quello che ho detto, insieme al resto,
ne è un po’ la cornice: siamo qui, esisto, vivo, sono nato perché Dio vuole
incontrarmi. Questa è una cosa importantissima. Molti di voi pensano di averlo
incontrato, ma l’incontro con Dio è folgorante, ci cambia la vita, ci fa fare
quello che mai avrei immaginato di poter fare. Auguro a tutti voi, prima o poi,
anche tra cinquant’anni, di realizzare questo incontro per giungere poi
all’eternità dicendo: Ho fatto quello che dovevo, è accaduto quello per cui
sono nato, quello per cui Dio mi ha pensato prima dei secoli: incontrarlo. Dio
vuole incontrarti, e perché questo incontro possa accadere, noi abbiamo bisogno
di mediazioni. In questo momento voi utilizzate la poverissima mediazione del
vostro Vescovo, che è una voce, una presenza, un cuore, una fascia di muscoli,
di sentimenti, di ricordi, è un mistero. Abbiamo bisogno degli altri per
incontrare Dio. Gesù stesso - e adesso lo ascoltiamo - venendo, è venuto a
incontrare gli uomini a nome di Dio; Dio, Egli stesso, ha avuto bisogno di
collaboratori. Come ha fatto? Come li ha pensati? Come gli è venuto in mente?
Chi ha guardato? Quanto ci ha impiegato per quel parto? I Vangeli dicono poco,
ma noi cerchiamo sempre di leggere tra le righe.
Dal Vangelo di Marco (1, 16-20)
16 Passando
lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre
gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù
disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E
subito, lasciate le reti, lo seguirono. 19 Andando un
poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello
mentre riassettavano le reti. 20 Li chiamò. Ed essi, lasciato
il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.
***
Sembra un
fatto casuale: stava passando di là, ha visto alcuni che gettavano le reti, li
ha chiamati… Noi, tra l’altro abituati a sentire questi racconti, li avvertiamo
come degli incontri fortuiti, ma non è così. Non è così, perché questi primi
chiamati erano stati convocati prima che il mondo fosse. Questa prima nozione
voglio trasmettervi stasera: se esisto - ve l’ho detto tante volte, ma voi
avete bisogno che io ve lo ripeta - è per un piano d’amore; se ci sono, è
perché sono stato pensato prima che il mondo fosse. Pensate al lago di Galilea,
che alcuni di noi hanno visto nel pellegrinaggio in Terra Santa, all’atto in
cui è stato disegnato: un lago qualsiasi? No, è il lago della Terra di Gesù:
qui, su queste sponde, tra cento, cinquecento, duemila, tremila anni,
cinquantamila anni dovrà passare qualcuno, ci staranno dei pescatori, staranno
lì… Come un regista che decide un copione, decide le scene, il taglio delle foto,
delle sequenze. Pensate al lago all’atto in cui è stato disegnato sul niente.
Tra l’altro, il lago di Galilea nella Palestina, che è una terra riarsa, è una
sorta di respiro; all’atto in cui si approda al lago, sembra di poter
respirare, c’è la Galilea, luogo della primavera. Pensate, adesso ci sono già
tutti gli alberi in fiore, i peschi sono fioriti già a gennaio lungo il lago di
Galilea. Quindi questo lago, pensato da Dio come in una sorta di scenario,
diventerà lo scenario del Vangelo. Dio ha molta cura dei particolari, come ogni
amante. Anche noi nei nostri piccoli amori, cerchiamo di avere attenzione: cosa
gli può far piacere? Gli faccio una sorpresa, gli mando un sms alle 24:01 il
giorno del suo compleanno: sarò il primo! L’amore ha cura dei particolari. E
quando nei vostri rapporti affettivi, d’amicizia o d’amore, vedete che l’altro
non fa più attenzione ai particolari, siatene certi, non vi vuol più bene. E
Dio, che è l’Amore per eccellenza, ha una cura maniacale per i particolari, per
cui questo lago, di cui abbiamo ascoltato la scena brevissima della chiamata
dei primi quattro, è stato progettato: anche i sassolini, anche gli alberi che
ci sarebbero stati sulla riva. Tutto previsto centinaia e centinaia di anni
prima. Quindi non stava passando lì per caso. C’era un orologio, anche se
allora non esistevano, che è l’orologio di Dio, che diceva: adesso, è l’ora, è
l’ora X… E Gesù passa. Ci sono quei pescatori che pensavano che fosse un giorno
qualsiasi e invece no, è il giorno decisivo della vita. Quando ripenserete al
vostro amore grande - spero ce ne sia uno, ce ne possa essere uno nella vostra
vita - capirete che all’atto in cui avete incontrato quel ragazzo, quella
ragazza, non era un’ora qualsiasi: era l’ora. Questo avviene anche sul piano
spirituale, avviene anche sul piano della fede, avviene anche per i quattro. È
avvenuto anche per Francesco, come per tutti i chiamati. C’era un’ora quando mi
hai chiamato, quando mi ha detto “Tu”, quando mi ha rivolto per la prima volta
lo sguardo. C’erano delle reti, dei pescatori, una scena qualsiasi, ma era un
giorno eccezionale: è il giorno della chiamata. E perché Gesù chiama? Gesù
chiama perché ha bisogno di braccia, ha bisogno di cuori, ha bisogno di occhi,
ha bisogno di parole, come in questo momento, ha bisogno di persone che
riscaldino il cuore degli altri. Io spero che, nonostante il gelo della nostra
Cattedrale stasera, in quest’oretta (vi assicuro che non tracimeremo, perché è
già un sacrificio per noi essere qui), le parole del Vescovo possano riscaldarvi
il cuore, perché Lui ha bisogno di persone che riscaldino il cuore… Non ha
bisogno di gente che “dice la messa”, nel senso banale del termine: ha bisogno
di amanti. Non ha bisogno di persone che fanno orario di ufficio (Il parroco riceve dalle 16 alle 16:05!):
ha bisogno di uno da cui puoi andare anche a mezzanotte, perché se un amico tu
lo svegli di notte - diceva Cocciante,
quando noi eravamo giovani - ti risponde. Un prete, se lo svegli di notte, ti
risponde. Gesù ha bisogno di collaboratori, ha bisogno di chi Gli faccia da
amplificatore, di chi ripeta il messaggio, di chi stia avanti a Lui e dietro di
Lui: avanti come banditore e dietro come discepolo. Ne aveva bisogno allora e
ne ha bisogno anche oggi. La parola d’ordine che fa sussultare alcuni è:
pescatori di uomini. Erano pescatori, ma adesso devono volturare la loro
competenza: non più pesci, non più reti qualsiasi, ma ci sono uomini persi. E
badate che di uomini persi oggi ce ne sono tanti più di ieri, più di quando io
ero un giovane prete; sono più quelli persi, perduti, dispersi, lontani, di
quelli che vengono in chiesa, che fanno parte del gruppo Scout, del gruppo di
Azione Cattolica, del Rinnovamento… Quanti ne abbiamo? Quanti ne abbiamo nelle
nostre parrocchie? Pochissimi! Allora questi uomini persi che fanno? Dove
vivono? Chi li cercherà? Ieri come oggi Gesù guarda e dice: “Tu, tu…”. Adesso
immediatamente sobbalzate nel cuore: “Speriamo che abbia guardato quello vicino
a me e non me…”. Tu sarai pescatore di
uomini. Ed essi… – dice l’evangelista Marco, ma forse ci volle del tempo.
Francesco, che domani sarà ordinato, è partito, nel desiderio, forse 13 anni fa
e seriamente 10 anni fa. Si arriva dopo 10 anni. Il “subito” del Vangelo
significa del tempo. Ma dice a me? Ma devo lasciare queste reti? Devo cambiare
mestiere? E che mestiere devo fare? Devo fare il mestiere di Dio, cantava Giosy
Cento un po’ di anni fa. Faccio il mestiere di Dio e il mestiere di Dio è
quello di prendersi cura. Dio si prende cura di noi, nonostante tutto quello
che, come controprova, continuamente ci schiaffeggia. Dio si prende cura di
noi, ma questa cura ha bisogno di mediatori, ha bisogno di persone. Allora in
questo primo momento, vorrei che ciascuno di noi si dicesse chi si è preso cura
di lui quand’era bambino, quando si preparava alla Prima Comunione, quando è
entrato tra i lupetti in ACR… Chi si è preso cura di te? Certamente i nostri
genitori, ma non solo, poi è entrata la Chiesa - erano Chiesa già i nostri
genitori - ma attraverso i catechisti, attraverso una suora, attraverso un
prete che si è preso cura di me. C’è un prete nella tua vita? Spero di sì,
perché se non c’è un prete nella tua vita, allora non c’è ancora Gesù, perché
Gesù chiede collaboratori, Gesù manda i preti, manda gli apostoli, manda i
discepoli. Allora identifichiamo un attimo il “mio” prete, quello
dell’infanzia, quello del campo-scuola, quello dell’adolescenza, quello
dell’uscita: il “mio” prete, qualcuno che si è preso cura di te… Magari sei
andato a piangere da lui alla tua prima delusione d’amore, perché dai preti si
va anche per questo: Mi ha lasciato… Ha detto no… Ho preso un palo… Voi pensate
che da un prete si vada soltanto per confessarsi - spero che almeno questo lo
facciate - invece si va a raccontargli la vita, perché il prete è il mio papà,
è quello che fa il mestiere di Dio e Dio è Padre e, attraverso i nostri preti,
noi facciamo esperienza di quella paternità. Chi è il tuo prete? Ciascuno di
voi se lo chieda un attimo, lo vada a cercare, vivo o defunto che sia.
***
Simone ed
Andrea, Giacomo e Giovanni: prima e dopo. Prima e dopo Gesù, come la nostra
storia: prima e dopo Cristo. Ricordate il documentario che alcuni anni fa
abbiamo fatto con i nostri seminaristi? Dove c’è la scena di quelli che
chiamano “Samuele! Samuele!” sotto la finestra. Chiamando l’amico, esce il
padre e dice: “Samuele non abita più qui: è passato un ciclone”. Così dice
anche il padre Zebedeo di Giacomo e Giovanni: “È passato un ciclone e se li è
portati via…”. Un flauto magico si è tirato dietro tutti i bambini, i giovani,
i topi, ammaliante… Ma intanto questa morte è per una vita, è per la vita di
tanti uomini soli.
Uomini soli (Pooh)
Li incontri
dove la gente viaggia, e va a telefonare,
col dopobarba che sa di pioggia, e la ventiquattro ore,
perduti nel corriere della sera,
nel va e vieni di una cameriera,
ma perché ogni giorno viene sera?
A volte un uomo è da solo perché ha intesta strani tarli,
perché ha paura del sesso o per la smania di successo.
Per scrivere il romanzo che ha di dentro,
perché la vita l'ha già messo al muro,
o perché in un mondo falso è un uomo vero.
Dio delle città
e dell'immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi,
vediamo se si può imparare questa vita,
e magari un po' cambiarla,
prima che ci cambi lei.
Vediamo se si può,
farci amare come siamo,
senza violentarci più,
con nevrosi e gelosie.
Perché questa vita stende,
e chi è steso o dorme o muore,
oppure fa l'amore.
Ci sono uomini soli per la sete d'avventura,
perché han studiato da prete o per vent'anni di galera,
per madri che non li hanno mai svezzati,
per donne che li han rivoltati e persi,
o solo perché sono dei diversi.
Dio delle città
e dell'immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi,
vediamo se si può
imparare queste donne
e cambiare un po' per loro,
e cambiare un po' per noi.
Ma Dio delle città
e dell'immensità,
magari tu ci sei
e problemi non ne hai.
Ma quaggiù non siamo in cielo,
e se un uomo perde il filo,
è soltanto un uomo solo.
“Uomini soli”
è una canzone sui maschi, ma adesso la raccogliamo nel grido di una umanità che
ha perso il filo e, se un uomo perde il filo, è soltanto un uomo solo. Ci sono
uomini e donne che perdono il filo, il filo di Arianna per districarsi nel
labirinto, per uscire alla luce, per essere liberi. A volte basta una
delusione, basta un’ingiustizia subita, una morte, un lutto per farci
sprofondare nell’isolamento. Per cui, anche se i protagonisti di questo testo
sono tutti maschi, lo utilizziamo per guardare all’umanità, un’umanità dolente,
perché questo è il problema clou,
cardine di tutti i problemi: la solitudine - non ne esiste un’altra: la morte
stessa altro non è che radicale solitudine - la solitudine dei bambini che si
sentono soli, abbandonati, piangono, frignano, perché i genitori hanno altro da
fare, perché devono dedicarsi al lavoro, la solitudine degli adolescenti. Non
mi sembra che i nostri ragazzi siano così spensierati, dicono le parolacce… In
realtà, se guardi un adolescente nella sua verità, scopri tanta solitudine. A
volte basta un giudizio da parte di un compagno, i giudizi degli altri, per far
crollare un adolescente addirittura nella depressione. I giovani, in coppia o
scoppiati, sono soli; non parliamo degli adulti, che corrono, si danno da fare,
che non hanno il tempo d’abbracciarsi e che, quando viene sera, si sentono
terribilmente soli. Ma perché ogni giorno
viene sera? - si chiedono i Pooh in questo testo. Perché la sera è il
momento di estrema solitudine, quando le cose che ci hanno preso con la luce
scompaiono e veniamo portati alla nostra verità. È quella di cui parlava
Quasimodo nella poesia che conoscete: Ogni uomo è solo sul volto della terra,
trafitto da un raggio di sole. Ed è
subito sera.
Voi dite: Ma
che c’entra il prete con questo? C’entra. Perché il prete è un uomo della sera,
un uomo della notte, un uomo che va in giro cercando di mettere insieme tante
solitudini. Vi sarete chiesti come mai “perché han studiato da prete o per
vent’anni di galera”. I seminaristi sicuramente hanno detto: è il nostro
seminario, 20’anni di galera! (No… sono solo pochi anni…). Viene la sera e
ognuno fa i conti con la propria solitudine, anche quelli che sono in coppia,
anche quelli che hanno una famiglia, tanto più quelli che sono abbandonati,
poveri, ammalati, diversi, dice anche il nostro testo.
A volte un
uomo è da solo perché ha in testa strani tarli,
perché ha paura del sesso o per la smania di successo.
Per scrivere il romanzo che ha di dentro,
perché la vita l'ha già messo al muro,
o perché in un mondo falso è un uomo vero.
Non vi sembri
presuntuoso, ma in tutto questo orizzonte, quest’uomo vero o almeno che
vorremmo fosse tale, è proprio il prete che sembra un “uomo meno uomo”, ma in
realtà è un uomo vero, cioè è l’uomo che vorremmo. Questo è il motivo per cui
le donne si innamorano dei preti. Voi state pensando: Solo perché è
irraggiungibile. In realtà è perché è un uomo vero, perché tra tanti uomini, a
volte uno dice: Ma perché proprio quello è andato in seminario? Perché Gesù non
sceglie mezze tacche, mezze cartucce… Poi oggi in particolare, non abbiamo
bisogno di tanti preti: abbiamo bisogno di uomini veri, forse gli unici che ci
sono - e lo dico senza presunzione - perché poi questa unicità, questi pochi
chiamati, sono convocati per riportare l’umanità alla sua verità, cioè alla
comunione. Mi innamoro del prete - dice la ragazza - perché un uomo accanto a
me lo vorrei così: sensibile magari, attento, che fa attenzione anche al punto
a giorno delle lenzuola (cosa a cui gli uomini non fanno mai attenzione). Per
noi le tovaglie dell’altare richiamano sempre le lenzuola, perché c’è questo
richiamo all’amore, perché l’altare per noi è un’attrazione, è un letto. Allora
vorrei un uomo che dicesse: Ah, belle queste lenzuola con il punto a giorno! Ve
lo dice mai un uomo? No, magari gli fate trovare uno sfilato, un intaglio, un
cuscino… manco lo vede! Voi dite che la vita non è fatta di questo. E invece la
vita è fatta fondamentalmente di piccole cose, di piccoli dettagli cui bisogna
fare attenzione. Ecco perché in un mondo falso, forse è un uomo vero. Allora la
“preghiera” dei Pooh:
Dio delle
città
e dell'immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi
Certamente!
Dio è ovunque!
vediamo se si
può imparare questa vita,
e magari un po' cambiarla,
prima che ci cambi lei.
Il prete è
maestro di vita, il prete insegna anche a voler bene, il prete è educatore di
sentimenti. Il prete ti aiuta a districarti nelle tue prime, precoci esperienze
affettive o ti accompagna nel fidanzamento, benedice le tue nozze e gli vai a
dire (è il primo a cui lo dici dopo il marito): Aspetto un bambino! È l’uomo a
cui ti riferisci per qualsiasi emergenza nella vita.
Io auguro a Francesco e ai
seminaristi che dopo di lui si alterneranno qui, di essere questi grandi
uomini. Dicendo “grandi” non voglio intendere dei monumenti, ma con le nostre
povertà, con le nostre mediocrità, essere grandi nell’umanità, perché Dio si è
fatto uomo.
Io non vedo la TV, come sapete, ma
ovviamente le cose mi giungono: il fatto che i preti o i giornali non debbano
parlare di questo o di quello… Ma di che devono parlare? del Paradiso? No, cari
miei, bisogna parlare della carne, bisogna parlare delle cose concrete! C’è
sempre una tentazione, in quelli che predicano, di parlare del Paradiso:
bisogna parlare della terra! Bisogna parlare di lui e lei! Bisogna parlare
dell’amore! Bisogna parlare della politica! Bisogna parlare del lavoro! Bisogna
parlare dei soldi che mancano! Perché se voi venite in chiesa e diciamo: Cari
fedeli, andiamo in Paradiso… Ovviamente il Paradiso c’è, ma te lo devi
guadagnare qui, nella storia! E siamo chiamati ad anticiparlo questo Paradiso,
pur nei nostri limiti. Attenti quando ci criticano: Ma questi parlano di troppe cose! E di che dobbiamo parlare? Ci
volete chiudere nel carcere di una predica spiritualista? È contro il Vangelo!
Il Verbo si è fatto carne: e noi della
carne vogliamo parlare! Noi, un prete lo vogliamo così: che ci parli della carne.
Vi racconto una storia verissima, per dire un prete a quante emergenze si trova
a dover far fronte.
Una volta
sono venuti da me, parroco, due giovani, sposati da molto tempo, due carissimi
figli, intelligentissimi, laureati... Scopro, quella sera, che questo
Matrimonio da un anno e mezzo - e non erano due cretini, erano due
professionisti - non andava. Sono venuti a dirlo a me, ricordo, nel salone
della mia canonica. Non avevano avuto il coraggio di dirselo (Vediamo, riproviamo, ecc.). Un anno e
mezzo era passato, e questi due ancora dovevano fare l’amore. Ovviamente c’era
qualche problemino. Voi avreste detto: Andiamo dal sessuologo… No, andarono dal
parroco. Oggi hanno due bambini e per me quella, come tante altre esperienze
pastorali, mi certificò che poi queste cose le vado a dire a mio padre che sa
della carne, anche se non fa l’amore, che mi sa dire: Va’ a Milano. Questo
problema si risolse solo a Milano, attraverso mesi e mesi di terapia
psicofisica. Per questo mi innervosisco quando dicono di parlare del Paradiso.
Ma quale Paradiso! Non che non ci sia, ma io dalla Chiesa, dal mio Vescovo, dal
mio parroco, dal mio prete, e domani da Francesco, certamente voglio che mi
ricordi perché siamo stati creati, cioè per incontrare Dio, ma anche che sia maestro
di umanità, che grondi di umanità, che quando vado alla ricerca di un uomo
veramente uomo, io possa pensare a lui. Questo è il prete che noi sogniamo,
questi sono i nostri preti. C’è un verso, alla fine del ritornello, che credo
faccia al caso nostro.
Perché questa
vita stende,
e chi è steso dorme o muore,
oppure fa l'amore.
Domani
sera, qui sarà steso Francesco. Sia nella percezione di chi è stato ordinato,
come della gente, ci sono dei segni che parlano al cuore delle persone. Adesso
i più esperti tra voi sanno che la prostrazione è un rito preparatorio, si
dice, cioè non è il clou del
Sacramento, però chi è ordinato magari non ricorda il momento dell’imposizione
delle mani, che è il più importante, non ricorda la voce del Vescovo più o meno
commossa alla Preghiera di Consacrazione, ma ricorda il momento della
prostrazione. E anche la gente, senza spiegazioni, dice: Qui sta succedendo
qualcosa… Che sta succedendo? Sta succedendo quello che è successo qui: perché questa vita stende, e chi è steso
dorme o muore oppure fa l’amore. Sapete che qui, sul pavimento, si mettono
le bare (ricordo che feci stendere Giadio anche alla vigilia, ma stai
tranquillo, Francesco, ché già fa troppo freddo), perché quella è una morte,
perché quella è la rappresentazione di chi è stato steso da Dio, perché questo
incontro con Dio ci stende, è meraviglioso e terribile. Quindi è una morte.
Oppure fa l’amore, perché quel gesto
- magari metto nella vostra mente motivi non proprio liturgici, ma che a me
hanno sempre parlato delle volte in cui in tanti anni ho commentato le
Ordinazioni - è anche il gesto di fare l’amore, perché chi fa l’amore muore,
perché la vita ti stende, perché un prete sta lì sul pavimento come un
cadavere, perché per nascere bisogna morire. Vedete come la liturgia parla e
dice che per nascere prete bisogna morire e, mentre si sta lì morti, pancia in
giù, è come se si facesse l’amore, perché un prete che non fa l’amore è un uomo
preso dall’amore.
Uomini soli (Pooh)
***
È vero che
Dio non ha problemi come dice questo testo?
Dio delle
città
e dell'immensità,
magari tu ci sei
e problemi non ne hai.
Dio ha tanti
problemi che sono i nostri. Dio non è indifferente, Dio si è legato a questo
nostro mondo e, legandosi, si è sottoposto al dolore. Un prete annuncia anche
questo: Dio vicino, Dio-con-noi, Emmanuele. Noi non siamo gli annunciatori di
un Dio lontano, che sta in cielo, ma un Dio che è venuto. Tu, Francesco, a
questo sei chiamato con l’annuncio della Parola, con i Sacramenti, in
particolare con l’Eucarestia, come dirò domani sera. Ma sei chiamato a questo
anche solo col tuo semplice passare, perché un prete è un sacramento anche
quando dorme. Il titolo di questa Preghiera è “Un uomo solo sacramento di
comunione”. Come sempre ho giocato sul paradosso: può un uomo solo, un uomo
isolato - perché un prete è tolto dalla profanità, “consacrato” significa
questo - può un uomo tolto, estrapolato, catturato da Dio diventare luogo di
comunione, sacramento di comunione? La risposta è sì, perché se viene meno il prete
si sgretola la comunità, non ci si incontra più, tutti perdiamo il filo… I
preti stanno continuamente a mettere i fili dei gruppi, delle persone, delle
coppie, di gente che ha perso il filo. Quindi questo uomo solo diventa
sacramento di comunione, cioè Dio sta con me. E perché? Dove lo vedi? Nel mio
prete, lo vedo in Francesco che da domani sera sarà prete per sempre.
Concludiamo con un semplice invito da parte sua. Francesco, in questo momento,
in testa cosa ha? Un casino, per dirla in una maniera giovanile… Me lo ha anche
scritto: “Eccellenza, sapesse che ho in testa… un casino…”. Ma quello che è
bello è che è un casino d’amore. Quando voi dite un “casino”, volete dire una
cosa grossa oltre che confusionaria e, allora, per noi è importante anche solo
se viene al microfono e dice: Domani sera alle ore 19:00 c’è la mia
Ordinazione. Quindi non chiediamo un discorso, anche perché fa freddo, e lui
non saprebbe cosa dire. Tra l’altro Francesco è così piccolo che magari direte:
Un uomo così piccolo, con pesi così grandi, con responsabilità abnormi?
Saluto di Francesco
***
Comincia
adesso questa notte, “notte da non dormire” cantava Johnny Dorelli (le
citazioni le faccio sempre per i miei coetanei), perché è notte d’attesa,
perché è notte della vigilia. Anche per Dio, dice il Libro dell’Esodo, la notte
del passaggio fu una notte di veglia, per dire che anche Lui si emoziona. Dio
si è emozionato ascoltando Francesco e si emozionerà ancor più domani sera,
durante l’Ordinazione; si emozionerà Gesù, si emozionerà lo Spirito Santo, per
dire che Dio ha un cuore palpitante. Nonostante il freddo, tornate con questo
calore che ci viene dal Dio-con-noi che certo ci porterà in Paradiso: alla fine
ci fidiamo di Lui, ma adesso ci fa compagnia in tante vicende di vita. Ci teniamo
per mano e diciamo insieme: Padre nostro…
Benedizione
del Vescovo
Canto finale:
Vieni e seguimi (Gen Rosso)
***
Il
testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto
dall’autore.